Intervista a Ludovico Colombo - CON.TATTO

Nato a Treviglio in provincia di Bergamo, Ludovico Colombo è un artista e studente di Arti Visive al corso magistrale dell’Università IUAV di Venezia. Il suo lavoro parte da una ricerca spirituale e intellettualistica, ispirata dai suoi viaggi in India, Africa e Medio Oriente, dall’assidua lettura di testi poetici e dall’interesse per la letteratura mistica orientale.

Attraverso le sue fotografie, sculture e installazioni, Ludovico esplora le tematiche del rapporto tra sguardo e territorio, del paesaggio interiore e del superamento metafisico delle nostre barriere sensoriali. Purtroppo l’artista non sarà presente al festival CON.TATTO perché risultato positivo al Covid-19, fortunatamente in una forma non grave, che però lo ha costretto nella sua stanza durante le feste natalizie.

Sei un artista molto eclettico. Quali sono i mezzi espressivi che preferisci? 

Amo sperimentare e variare, ma preferisco il disegno e la scultura reinterpretati come performance. Mi interessa l’ambiguità dell’atto performativo, che trasforma il corpo in opera d’arte, in una statua che mantiene però la capacità di muoversi. Quando inizio una performance, il mio obiettivo è far capire quanto è sottile il movimento di una persona che rimane ferma.

Cosa presenti al festival CON.TATTO?

Espongo un progetto sviluppato durante il primo lockdown, “Icaro don’t call me bae”. Ho ripreso il titolo da un brano del rapper Tedua: è una delle poche volte in cui mi ispiro alla cultura pop, di solito sono la poetica e i libri dei mistici orientali a influenzarmi. L’opera è composta da tre fotografie del cielo, in origine analogiche e scattate con un rullino scaduto dalla finestra della mia camera, poi proiettate in digitale su tre schermi. 

L’immagine nasce già corrotta, impressa sulla cellulosa degradata e chimicamente decaduta. L’acquisizione in digitale delle fotografie rappresenta un passaggio di stato ulteriore, che trasporta le immagini da una dimensione fisica a una nuova dimensione immateriale. Infine, la presentazione su schermo impedisce al cielo di rimaterializzarsi nella stampa cartacea.    


Articolo di Michelangelo Gennaro